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Bravi docenti si diventa

Bravi docenti si diventa

Bravi docenti si diventa

Sulle pagine del magazine Internazionale, questa settimana in edicola, il professore emerito Tullio De Mauro torna a parlare di qualità della scuola, che si realizza solo se si cerca il massimo d'inclusione.

 

"Gli allievi arrivano tutti a risultati di eccellenza nel confronto internazionale se le scuole realizzano il massimo d’inclusione, cioè portano a terminare la scuola il 100 per cento degli allievi. Più una scuola non perde o scaccia i suoi alunni, disabili compresi, più i risultati di apprendimento brillano".

 

Nella rubrica Scuole il punto di partenza è spesso un articolo della stampa internazionale.

 

Questa settimana si tratta della copertina dell'Economist che titola "How to make a good teacher". Un'occasione per sottolineare ancora una volta come serva "un impegno collettivo" per formare buoni insegnanti a partire da quanto già funziona. Tra le esperienze citate anche il lavoro di Alfonso Molina.

 

Al testo di De Mauro, pensato per la versione cartacea del settimanale Internazionale, aggiungiamo alcuni link per ulteriori approfondimenti.

 

 

L'Economist ci ripensa

Scuole

di Tullio De Mauro

Internazionale, n. 1158, 17 giugno 2016

 

Non i fatti di cui parla, ma il fatto che ne parli. Fa notizia la notizia stessa. L’Economist, che non è precisamente un organo dell’internazionale rivoluzionaria, dedica il 10 giugno la sua copertina e i suoi articoli a illustrare una tesi: bravi insegnanti non si nasce, ma si diventa. Si diventa se c’è un impegno collettivo a ottenere che si formino bravi insegnanti. Restano sullo sfondo le premesse di questa tesi. Sono le premesse risultanti da lavori e idee di educatori come per esempio John Hattie o Graham Brown Martin o Alfonso Molina e dalle esperienze di Teaching for America o della Buena escuela, ma anche di interi sistemi scolastici come Corea del Sud, Finlandia, Giappone, Paesi Bassi, la nostra scuola elementare.

Gli allievi arrivano tutti a risultati di eccellenza nel confronto internazionale se le scuole realizzano il massimo d’inclusione, cioè portano a terminare la scuola il 100 per cento degli allievi. Più una scuola non perde o scaccia i suoi alunni, disabili compresi, più i risultati di apprendimento brillano.

Ciò comporta che un sistema scolastico sia in grado di contrastare e vincere, sino ad annullarlo, il peso delle disparità culturali e sociali di partenza. Il fattore decisivo è essenzialmente quell’alta qualità degli e delle insegnanti, che, a quanto pare, deriva dalla qualità del sapere e dalla pratica del tirocinio. L’Economist, di solito impegnato sulla linea del “privato è bello”, ora lo ricorda all’establishment politico-economico internazionale. Evviva.

 

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