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La formazione che cambia

La formazione che cambia

La formazione che cambia

Sappiamo distinguere un conflitto da un episodio di bullismo? Se siamo spettatori di atti di prevaricazione e sopruso sappiamo come intervenire?  

 

Hanno idee chiare e nuovi strumenti per agire i giovani e gli adulti che hanno partecipato ai percorsi formativi previsti dal progetto europeo DisAbuse: Disablist Bullying - Experience into Change, providing the right support services. I risultati sono stati presentati venerdì scorso presso la Palestra dell'Innovazione di Roma in occasione della conferenza internazionale oganizzata dalla Fondazione Mondo Digitale, partner del progetto.

 

Ecco una sintesi dei risultati con i dati aggregati per i quattro paesi partner: Irlanda, Italia, Spagna e Portogallo.

 

Per la valutazione del progetto sono stati ideati e somministrati questionari diversi per tipologia di destinatari (gruppi target):

  • GRUPPO A esperti, formatori e insegnanti
  • GRUPPO B adulti e studenti bisogni speciali e/o disabilità

Il questionario di ingresso ha consentito di verificare il livello di conoscenza dei partecipanti in tema di bullismo e disabilità, quello finale di dimostrare come il grado di consapevolezza sia aumentato con la partecipazione al programma formativo.

Nel processo di valutazione sono stati presi in considerazione cinque aspetti:

  • atteggiamenti e opinioni personali
  • esperienze dirette
  • competenze di prevenzione e risoluzione
  • conoscenza del fenomeno
  • livelli di interazione diretta/risorse/organizzazione.

 

  GRUPPO A | I PROFESSIONISTI

Hanno partecipato alla valutazione 74 professionisti, principalmente insegnanti, psicologi ed educatori sociali: 61 sono donne e 13 uomini.

I professionisti affermano di sapere cos'è il bullismo: il 54% dichiara di saperlo gestire, ma solo il 48,7% si ritiene in grado di identificare casi di cyberbullismo. Soltanto il 29,7% dei professionisti indica di disporre di risorse sufficienti per identificare casi di molestie. Più del 50% è a conoscenza delle normative sul bullismo, ma solo il 43,3% ritiene che la scuola abbia le risorse adeguate per intervenire in casi di bullismo nei confronti di persone con disabilità. Allo stesso modo, solo il 39,2% ammette di cercare e selezionare programmi educativi che consentano di prevenire, rilevare e risolvere il fenomeno.

Al termine della sperimentazione sono stati raccolti 61 questionari. Dopo il corso, più dell'80% sa come identificare casi di cyberbullismo e molestie nei confronti di persone con bisogni educativi speciali o disabilità. Il 70,3% dichiara di lavorare all’interno delle proprie classi sul concetto di inclusione, mentre il 67,2% rivela di condurre attività mirate di auto-consapevolezza e sensibilizzazione. Le percentuali aumentano in relazione al livello di fiducia che l’insegnante riesce a instaurare con i suoi studenti. Al termine del corso il 96,7% sa distinguere tra bullismo e

conflitto e il 55,7% ricerca risorse e materiali didattici per prevenire, rilevare e risolvere casi di bullismo.

 

  GRUPPO B | STUDENTI E ADULTI CON BISOGNI SPECIALI E DISABILITÀ

Nella fase pre-test sono stati raccolti 96 questionari di 52 ragazze e 44 ragazzi. Il 42,7% degli intervistati considera “normale” il fenomeno del bullismo, più della metà (59,4%) cerca di evitarlo, il 77,1% è consapevole che persone con bisogni speciali siano da considerarsi soggetti a maggior rischio, l’88,5% conosce i pericoli della rete. Quasi il 70% dei partecipanti alla valutazione rivela di conoscere persone che sono state vittima di bullismo, più del 90% dichiara di informare gli insegnanti in caso di soprusi e violenze nei confronti dei propri compagni di classe, ma il 75% ammette di non essere capace di dire no quando gli viene chiesto di fare qualcosa che non vuole fare.

Il 62,5% ritiene di conoscere la differenza tra bullismo e conflitto, ma il 36,1% associa i rimproveri dei genitori a casi di maltrattamento. Più dell’85% riconosce che fenomeni di bullismo nei confronti di persone con disabilità siano da considerarsi atti di discriminazione. Infine solo il 62,5% dei partecipanti ammette che saprebbe cosa fare qualora diventasse vittima di bullismo, mentre più del 60% ritiene insufficiente il modo in cui la scuola o il luogo di lavoro denuncia episodi di violenza.

Alla fine della sperimentazione sono stati raccolti 78 sondaggi, completati da 30 donne e 48 uomini. Scende al 20,5% la percentuale di persone che, dopo aver completato il percorso, considera il bullismo ancora come un fenomeno “normale”. A migliorare notevolmente è inoltre il livello di consapevolezza della differenza tra bullismo e conflitto: scende al 26.9% la percentuale di persone che ritiene i rimproveri di genitori e datori di lavoro esempi di maltrattamento. Infine, il dato più rilevante, è che l’85,9% dichiara di conoscere finalmente dopo la partecipazione al percorso quali misure adottare in casi di bullismo.

 

 

Il progetto è implementato all’interno del programma Erasmus+ dal Centro anti-bullismo dell'Università di Dublino (Irlanda), da Fondazione Mondo Digitale (Italia), Institute of Art & Design Technology (Irlanda), Università di Lisbona (Portogallo) e Università di Murcia (Spagna).

 

 

Per approfondire

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