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Scrittori di cose

Scrittori di cose

Scrittori di cose

Nel 2017 abbiamo dedicato il Global Junior Challenge al linguista Tullio De Mauro (Torre Annunziata 1932 - Roma 2017) che per oltre dieci anni, con affetto e lungimiranza, ha guidato la Fondazione Mondo Digitale.

 

Abbiamo scelto il Global Junior Challenge perché il concorso internazionale è la prima iniziativa che nel 2000 abbiamo pensato insieme al nostro Presidente quando è nato il Consorzio Gioventù Digitale, poi trasformato in Fondazione Mondo Digitale. Abbiamo voluto ideare un evento internazionale intorno al principio fondamentale che ovunque "studiare è uno strumento di libertà”.

 

Abbiamo chiamato a ragionare di scuola economisti, politici, decisori, esperti di dati, scrittori, professori, comunicatori ecc., donne e uomini che in settori diversi hanno incrociato il loro lavoro con il pensiero di Tullio De Mauro. E tra loro anche lo scrittore Andrea Camilleri (Porto Empedocle 1925 - Roma 2019). Perché insieme hanno raccontato il volume "La lingua batte dove il dente duole" (Laterza).

 

"Più di altri libri oggi circolanti, i tuoi mi paiono capaci di distillare l’essenza più segreta e peculiare della lingua, le sue grandi capacità di "escursione" di passaggio da un registro all’altro perfino entro una stessa frase..." diceva De Mauro dei libri di Camilleri.

 

"Camilleri non è in grado di prendere un impegno con così largo anticipo, i suoi 92 anni non glielo permettono", ci ha spiegato Valentina, la sua assistente. E così ci è rimasto il sogno di abbracciarlo insieme agli studenti e ai docenti della scuola italiana.

 

Lo facciamo ora condividendo una pagina di quel libro che ci restituisce intatta la passione di De Mauro e Camilleri per il lingua e il dialetto.

 

 

Andrea Camilleri
Il dialetto è sempre la lingua degli affetti, un fatto confidenziale, intimo, familiare. Come diceva Pirandello, la parola del dialetto è la cosa stessa, perché il dialetto di una cosa esprime il sentimento, mentre la lingua di quella stessa cosa esprime il concetto. A me con il dialetto, con la lingua del cuore, che non è soltanto del cuore ma qualcosa di ancora più complesso, succede una cosa appassionante. Lo dico da persona che scrive. Mi capita di usare parole dialettali che esprimono compiutamente, rotondamente, come un sasso, quello che io volevo dire, e non trovo l’equivalente nella lingua italiana. Non è solo una questione di cuore, è anche di testa. Testa e cuore.

 

Tullio De Mauro
Il dialetto non è solo la lingua delle emozioni. L’ho capito in Sicilia, da non siciliano, quando sono arrivato lì, professore all’università, accolto dalle famiglie dei colleghi. Si partiva con l’italiano, nel senso che tutti parlavano in italiano. Ma appena la discussione si accendeva – e quando c’era Sciascia capitava spesso – e magari si passava alla politica, improvvisamente cambiavano registro linguistico. Un po’ alla volta slittavano nel dialetto, e dell’italiano si scordavano. Gli uomini, per parlare di argomenti più impegnativi intellettualmente, usavano il dialetto. Perché a Venezia come a Palermo, quando il discorso si fa serio, si usa il dialetto.

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