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Pagine dal Mozambico

Il racconto di Elisabetta e Ilaria in missione a Maputo

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Il racconto di Elisabetta e Ilaria in missione a Maputo

Dal 19 al 24 maggio, la project manager Ilaria Graziano e la project officer Elisabetta Gramatica sono a Maputo per partecipare al seminario finale del progetto Coding Girls in Mozambico e per incontrare partner, istituzioni e giovani protagonisti dei tre progetti attivi sul territorio: Coding Girls in Mozambico, Digital Embrace e ICT Employment Generation.  Una missione strategica che serve a rafforzare legami, condividere risultati e guardare al futuro della cooperazione educativa e digitale. Abbiamo chiesto a Elisabetta e Ilaria di condividere la loro esperienza giorno per giorno. Ecco la prima "pagina" del loro diario di viaggio.
 
Giorno 1, lunedì 19 maggio, Doha-Maputo
Eccoci. Dopo uno scalo e 16 ore e 50 minuti di viaggio siamo arrivate a destinazione: Maputo, la capitale del Mozambico. Non ci sembra vero di essere riuscite a organizzare un viaggio di questa portata in poche settimane. Ma ora ci siamo, siamo qui e siamo pronte per affrontare questa settimana di incontri, restituzioni e anche scoperta di questa città dai mille colori. 
 

Giorno 2, 20 maggio
La giornata è iniziata con un appuntamento presso l’incubatore realizzato grazie al progetto ICT Employment Generation e l’incontro con due gruppi di giovani studenti mozambicani che hanno ideato due startup: “Reutiliza”, con l’obiettivo di riciclare i rifiuti organici e inorganici, e “Kubvala”, che significa piantare nel dialetto mozambicano, con l’obiettivo di migliorare il processo di piantagione delle loro terre. Un incontro estremamente interessante e di grande valore che ci ha dimostrato come tanti giovani mozambicani hanno come obiettivo comune quello di trovare soluzioni innovative per migliorare la qualità della vita della loro terra. 

Nel pomeriggio, il Mafalala Walking Tour con Benjamin, la nostra guida. Mafalala è l’anima pulsante del Mozambico, uno dei quartieri più antichi e più poveri di Maputo, luogo di identità e orgoglio nazionale. È il barrio della capitale, il quartiere “nero” della città, dalle case di lamiera e legno. Quello al di là del quale i suoi abitanti non potevano sconfinare, se non presentando un documento di identità, che attestasse la loro “portoghesità”. Benjamin ci ha raccontato, infatti, che durante il colonialismo era un luogo di segregazione razziale e netta separazione dalla popolazione bianca della città. È ancora oggi una parte di città estremamente multiculturale, con abitanti di tribù di origine Bantu, provenienti da tutto il Mozambico, ma anche dall’estero, soprattutto Zanzibar e isole Comore. E, ancora oggi, è il luogo più povero della città dove la vita media è 55 anni: molte persone muoiono ancora per malattie, soprattutto malaria, colera, hiv. Passeggiando tra i vicoli stretti di Mafalala, ci siamo immersi in un’atmosfera quasi surreale, ricca di storie di quotidianità, di resilienza. Benjamin ci ha mostrato poi le case decorate con murales colorati che raccontano la storia del quartiere e dei suoi personaggi più illustri, come Samora Machel, primo presidente del Mozambico indipendente, e il poeta José Craveirinha. Luoghi che hanno dato i natali a rivoluzionari, artisti, sportivi e pensatori, a testimonianza del ruolo centrale che questo quartiere ha avuto nella costruzione dell’identità mozambicana. Abbiamo visitato una piccola scuola di quartiere, dove le voci dei bambini che ripetevano nozioni ci hanno scaldato il cuore. La giornata si è conclusa con un senso profondo di rispetto e ammirazione per questo popolo, per la sua capacità di resistere, reinventarsi e sperare. Mafalala ci ha insegnato che, anche nei luoghi segnati da povertà e difficoltà visibili, la maggior parte dei suoi giovani abitanti sceglie di restare nel proprio quartiere, impegnandosi quotidianamente nella lotta per l’istruzione, l’uguaglianza e il riscatto sociale.

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