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Oltre l’illusione dell’intelligenza

Alessandra Sciutti alla RomeCup 2025

Oltre l’illusione dell’intelligenza

Oltre l’illusione dell’intelligenza

Alessandra Sciutti alla RomeCup 2025: “I nuovi modelli sono potenti, ma non pensano come noi”

Nel suo intervento alla RomeCup 2025, la ricercatrice Alessandra Sciutti, responsabile dell’unità Contact dell’Istituto italiano di Tecnologia, riflette sulla distanza tra le attuali capacità dei modelli di intelligenza artificiale e la cognizione umana. Dalla generalizzazione dei bambini alle illusioni linguistiche dei chatbot, la ricercatrice invita i giovani a guardare oltre l’effetto wow della tecnologia, per sviluppare un’intelligenza più vicina alla nostra. “Questi sistemi non sono uno specchio, ma un’occasione per capire meglio chi siamo”.

Mettiamo a disposizione delle scuole questi contenuti per continuare a ragionare insieme sull’evoluzione del rapporto tra esseri umani e tecnologie intelligenti.

Guarda il video dell’intervento

 

È un piacere per me essere qui in rappresentanza dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Parte della nostra missione è anche comunicare e raccontare il dietro le quinte della ricerca, e io mi occupo proprio di robotica, intelligenza artificiale e interazione uomo-robot: temi che mi coinvolgono anche personalmente.

Mi ha colpito molto il tema di questo evento: What next? Una domanda che può voler dire molte cose. Che cosa ci aspetta? Che cosa dobbiamo fare ora? Dove stiamo andando? Spesso, per trovare una risposta, dobbiamo guardare anche al passato.

Oggi ci sentiamo un po’ travolti dai progressi tecnologici. L’intelligenza artificiale solleva interrogativi fondamentali sul nostro futuro, anche lavorativo. Eppure, se pensiamo all’avvento dell’informatica, all’inizio si temeva che avrebbe cancellato molti mestieri. Oggi, invece, ha creato nuove professioni che prima non esistevano o non erano neppure immaginabili: pensiamo agli e-sports, allo sviluppo di videogiochi. E queste opportunità oggi sono più accessibili. Mia figlia ha nove anni e a scuola ha già fatto coding: un tempo era impensabile.

Quindi la tecnologia apre possibilità. Tuttavia, oggi con l’intelligenza artificiale c’è un “però”. Abbiamo nuovi strumenti potentissimi, ma spesso non ne comprendiamo ancora fino in fondo il funzionamento. Anche noi ricercatori. Cito Tommaso Poggio: è come se fossimo nel momento storico in cui Volta ha scoperto la batteria, ma prima che Maxwell formulasse le equazioni dell’elettromagnetismo. Abbiamo lo strumento, ma ci manca ancora la teoria.

Questa distanza spiega anche perché l’interazione con un chatbot, che sembra parlare meglio di noi, sia in realtà un’illusione. Non è intelligenza come la nostra: è qualcosa di diverso. È un’intelligenza “aliena” con sembianze simili alle nostre, ma comportamenti imprevedibili. Da qui derivano le cosiddette “allucinazioni”. E insegnare a questi sistemi è molto più difficile che insegnare a un bambino.

Per questo credo che il futuro stia proprio nel concentrarsi su ciò che oggi manca a questi modelli. Oggi richiedono milioni di esempi per apprendere qualcosa. Un bambino può imparare cos’è una tartaruga vedendone una sola: poi la riconosce su un libro, su un giocattolo, nella realtà. Questo tipo di generalizzazione manca nei modelli attuali.

Serve quindi un nuovo approccio: usare questi strumenti come base di partenza, ma andare oltre, per sviluppare una cognizione più simile alla nostra.

Domanda dal moderatore: Condivide l’idea che questo sia l’ultimo anno in cui l’umanità è la specie più intelligente sulla Terra?

Sciutti: No, non sono d’accordo, perché non esiste una definizione univoca di “intelligenza”. Ne ho sentite tante, tutte plausibili, ma nessuna definitiva. Credo che questi strumenti rappresentino una forma diversa di intelligenza, interessante da studiare. Non sono uno specchio della nostra mente, ma un confronto utile per capire meglio noi stessi. 
La storia dell’intelligenza artificiale è piena di “sorpassi”: quando il computer ha battuto l’uomo a scacchi, a Go, a Starcraft… Oggi domina il linguaggio. E ogni volta ci chiediamo: “Se può farlo una macchina, allora cosa siamo noi?”. Ma la risposta è sempre la stessa: non è tutto lì. L’intelligenza umana è qualcosa di più.

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